indice degli articoli:
"Carissimi": il messaggio del parroco
I nostri giovani a Ponte di legno
Famiglie in cammino ... verso Milano 2012
Presepi dal mondo
Sikat
C'era una volta un tetto cattivo
Consiglio pastorale parrocchiale
Quaresima 2012: la Parola di Dio e una breve riflessione
C'è posto per la speranza oggi?
Pescati dalla rete: la testimonianza di Gianna Jessen
Convertirsi: un viaggio cambiando la direzione dello sguardo
GSO... il punto
Non è ormai fuori moda la Quaresima, questa decima dellanno
offerta a Dio?
Perché mortificarsi ancora, nella società dellabbondanza
e del piacere, anche se ne riconosciamo la menzogna e lingiustizia?
Ma linteresse di tutti si risveglia quando si ricomincia a parlare di
impegno per la propria crescita, per cambiare la vita, per assicurare a ciascuno
condizioni di esistenza più umane.
Si riscopre così il significato positivo dellascesi: un insieme
di esercizi, un metodo di vita, che permette di essere
più aperti a Dio, più presenti a se stessi, più disponibili
agli altri.
In questa prospettiva, dovrebbe tornare di attualità la pratica costante
del digiuno, dellelemosina e della preghiera.
"DIGIUNARE" per essere più presenti a se stessi, per risvegliare
la propria coscienza e spezzare le catene che ostacolano la libertà.
"FARE ELEMOSINA" per essere più disponibili agli altri, per
incontrarli in una condivisione veramente fraterna, al di là delle chiusure
e dei formalismi della vita sociale.
"PREGARE" per essere più aperti a Dio, più consapevoli
di vivere la propria vita, alla scuola della Sua Parola e del Suo progetto damore
e tutto questo vissuto con gioia, verso la Pasqua del Signore Gesù, in
una ricerca di autenticità e di comunione con tutti coloro che sentono
il peso del peccato del mondo e cercano di vivere la loro vocazione di figli
di Dio e figli della Chiesa.
A tutti:
BUONA e FRUTTUOSA QUARESIMA!
Don GianMario
torna all'indiceLaltro giorno mi è stato chiesto di scrivere un articolo riguardo
alla vacanza in montagna per il giornalino parrocchiale
cosa raccontare
per non cadere nella solita banale lista di eventi? Troppi sono i momenti belli
passati in compagnia, troppe le situazioni divertenti in cui ci siamo trovati
per essere riassunte in poche righe.
Alla fine mi sono riproposto di raccontare solo i momenti di comunione meglio
adatti al contesto.
Perciò eccoci giunti dopo i pranzi e i cenoni di Natale e santo Stefano
alla mattina di Martedì 27 Dicembre 2011 nel piazzale delloratorio,
luogo di ritrovo per la partenza, tutti bardati per il freddo ma con unirrefrenabile
voglia di sciare: Simone T, Simone G, Simone M, Chiara, Elisa, Anna, Marco,
Levi, Pietro, Giulia P, Federica, Giulia M, Dario, Roberto; senza poi escludere
coloro che ci hanno accompagnato e diligentemente guidato: Giorgio Zubani, Victor,
Mauro e Marco Spranzi.
Mantenendo fede ai mei propositi iniziali non intendo descrivere le giornate
sulla neve, i tentativi di Victor, Levi e le Giulie di salire sugli sci o i
tranquilli giri in paese sotto la neve, cose che sebbene divertenti rischiano
di essere ripetitive.
Piuttosto parlerò della sera quando, affati-
cati dalla giornata, ci si ritrovava sui divani della casa a chiacchierare.
Sono state solo due le serate trascorse a Ponte di Legno, ma sono state sufficienti
a conoscere meglio coloro che ci stavano intorno, ma anche a riflettere meglio
su noi stessi. Lontani dalla caotica e frenetica città e immersi in un
clima di amicizia e spensieratezza abbiamo potuto approfondire la conoscenza
con Victor e Marco Spranzi e stringere amicizia con Mauro.
Tutti e tre hanno avuto modo di presentarsi e condividere la loro esperienza
di vita con uninteressata platea: Victor ha ampiamente motivato la sua
scelta di entrare in seminario ed essere ordinato sacerdote e ci ha spesso intrattenuti
con barzellette il cui contenuto pur se esilarante non posso riportare; Marco,
anche se senza voce, ma con lenergia che lo ha sempre contraddistinto,
ci ha raccontato della sua passione per il teatro riportandoci anche comiche
scene di uno spettacolo in cui ha recitato una parte; e per ultimo (ma non per
importanza) Mauro ha espresso con grande intensità emotiva la sua passione
per la montagna forse il più grande tra i miracoli di Dio.
Tra momenti di riflessione, scherzo e spettacolari cadute sugli sci degne di
Oscar i giorni sono volati via veloci e, quasi senza accorgercene, eravamo di
nuovo alle prese con la vita di tutti i giorni, ma con nuovo bagaglio di amicizie
più profonde.
Nellattesa che Victor finisca di raccontare la barzelletta lasciata in
sospeso, ringrazio i gentili lettori per lattenzione data a si non
degno testo.
Simone Malgari
Da qualche mese nella nostra parrocchia alle famiglie è offerta unopportunità
in più per un cammino di fede insieme.
La finalità è molto semplice: dare una risposta allesigenza,
manifestata da molte famiglie, di incontrarsi, di scambiare le proprie esperienze
riguardo le gioie e le difficoltà che derivano dal vivere cristianamente
la realtà quotidiana.
Il bello di questa esperienza è che non rientra tra i doveri di
riunione legati al catechismo dei figli, sentiti da molti più come
un obbligo di timbratura che una reale opportunità di crescita
personale e comunitaria.
Chi si aggrega nel cammino di famiglia lo fa perché sente
che riunirsi in due o tre nel nome di Cristo, a scrutare la propria esperienza
quotidiana alla luce della Parola, è qualcosa di grande: è una
necessità per rendere presente Gesù nella Comunità.
Non lo definirei un gruppo, perché requisiti per far parte di questa
realtà è soltanto essere famiglia. E non ritengo possa
escludersi dal novero di famiglia, ad esempio, chi ha i figli già grandi
o chi non ha figli, chi è separato o chi non ha più accanto il
coniuge, e anche quelle famiglie che non hanno alla base ancora
il matrimonio religioso possono intraprendere il nostro cammino.
Finora i nostri incontri hanno seguito un clichè semplice, ma efficace:
alternando momenti di fraternità (gite, cene, giochi o semplicemente
stare insieme) a momenti di ascolto della Parola; momenti di confronto (comunione
danima o semplice scambio di riflessioni) a momenti di magistero (sotto
la guida di don GianMario) e preghiera.
Per questanno ci siamo trovati su di un piatto dargento un appuntamento
da non mancare: lincontro Mondiale delle Famiglie che si terrà
a Milano a giugno. Per questo, seguendo le tracce degli spunti di riflessione
in preparazione a quellincontro, i momenti di confronto hanno come linea
di continuità il tema La famiglia, il lavoro e la festa.
Già dopo questi pochi mesi di esperienza possiamo dire di essere veramente
in cammino. La reciproca conoscenza tra i partecipanti è
stato il primo passo e più volte dal confronto tra noi alla luce della
Parola è emersa tanta vita che, messa in comune, è stata daiuto
e di stimolo reciproco.
Abbiamo intrapreso il cammino nella semplicità, senza volerci vincolare
ad un programma o ad un modello standard di percorso, confidando
nel sostegno dello Spirito e nella guida del parroco, con il solo scopo di provare
a creare una rete di famiglie che possono contare le une sulle altre,
per darsi reciprocamente una mano a vivere la consapevolezza che Dio è
presente nella storia, grande e piccola, di ogni giorno.
Katia
CI TROVIAMO IN ORATORIO
OGNI SECONDO SABATO DEL MESE.
PROSSIMO INCONTRO:
SABATO 10 MARZO ORE 20.30
Per la prima volta la nostra Parrocchia ha ospitato una mostra di presepi provenienti
da varie parti del mondo e lo ha fatto nell'angolo della chiesa che da qualche
anno è stabilmente riservato all'allestimento del presepe nel periodo
natalizio.
E' stato un grande cambiamento: passare dal "tradizionale" presepe,
inserito negli ambienti più svariati, ma sempre artisticamente affascinanti,
per trovarsi ad ammirare come l'arte presepistica mondiale ha espresso il mistero
dell'Incarnazione di Dio secondo la cultura di popoli diversissimi tra loro!
Tante persone hanno contribuito all'allestimento della mostra che, traendo origine
dal tanto materiale" proposto da don GianMario, è stata incrementata
da pezzi veramente significativi, provenienti da nostri parrocchiani.
Attraverso questa esposizione abbiamo potuto renderci meglio conto quanto il
presepe sia una tradizione che da tempo esprime vivamente una lettura dell'Evento
cristiano dentro l'esperienza storica di ogni popolo. Il presepe è infatti
una tradizione che coinvolge tutti i Paesi cristiani e tutti i cristiani, ognuno
ha un suo modo di celebrare e raffigurare la nascita di Cristo.
Ogni popolo fa il presepe a modo proprio, con la fantasia e i materiali della
propria terra, secondo lo spirito della fede che illumina la propria forma di
arte. Il legno d'ulivo della Terra Santa, l'ebano africano, la terracotta peruviana,
"incarnano" lo stupore di una Umanità che vive la presenza
di Dio fra le quattro mura di questo mondo, che volge a quel Bambino il proprio
sguardo, aprendosi alla prospettiva di una "vita nuova".
Un grazie a quanti hanno permesso lallestimento e hanno contribuito a
rendere internazionale la nostra piccola chiesa per celebrare il
Natale 2011.
L'annuale riunione degli amici del gruppo Sikat della nostra Parrocchia si è
tenuta mercoledì 25 gennaio in oratorio ed è stata aperta da un
breve intervento di Don GianMario, che ha sottolineato quanto sia importante
il seme di bene che il gruppo dona con la sua attività.
La coordinatrice, Ornella Moroni, dopo aver riferito i saluti di Madre Antonia,
tesoriera del gruppo (che ora vive a Trieste), ha ricordato che il progetto
Sikat di adozione a distanza, è nato ed è portato avanti da un
piccolo nucleo di volontari, ma assiste ben 127 bambini filippini, consentendo
loro di frequentare la scuola e di portare a compimento il percorso scolastico
fino al college. Questo permette di dotare i ragazzi "adottati" di
uno strumento fondamentale e necessario per poter uscire dalla condizione di
estrema povertà in cui vivono. Il piccolo contributo offerto da chi aderisce
all'adozione a distanza dà l'opportunità di acquisire conoscenze
e cultura, ma - bisogna ricordarlo - copre anche il costo di un pasto al giorno.
Ha inoltre ribadito che il sostegno è rivolto prevalentemente alla comunità
di Bulihan, dove operano le Madri Canossiane, che portano la loro cura e il
loro amore in una zona che risulta isolata dal resto delle Filippine, in cui
non arriva internet e sono difficili le comunicazioni con l'esterno.
"Registriamo con tristezza che nell'ultimo anno molti bambini si sono allontanati
dal progetto o perché con le famiglie si sono trasferite in altre città
in cerca di migliori condizioni di vita, o perché non si sono impegnati
negli studi. Tuttavia, sono tanti i bambini/e e i ragazzi/e che vivono (insieme
alle loro famiglie) formative esperienze di vita e di fraternità, sotto
la materna guida delle madri canossiane".
Piero Cutrera, definitosi semplice "cireneo" del gruppo, ha ricordato
il profondo legame che unisce la nostra Comunità Parrocchiale e il Sikat.
Da anni, con alterne vicende, i sacerdoti che si sono succeduti come parroci
e curati hanno sostenuto questa iniziativa, che affonda le sue radici nel cuore
del "gruppo missionario" operante anni fa in parrocchia (oggi non
più costituito), composto essenzialmente da molti giovani tra cui la
figlia Tiziana.
Ha sottolineato che l'idea di Tiziana è stata quella di diffondere tra
i bambini che frequentano il catechismo la cultura del sostegno ai loro coetanei
filippini, alimentando in loro sentimenti di amicizia e condivisione. Dai piccoli
"sacrifici" che i nostri figli possono fare senza eccessivi sforzi
può derivare un aiuto concreto ad un bambino filippino: un anno di studio.
Piero ha invitato i catechisti e tutta la nostra Comunità ad aumentare
l'attenzione verso questa opportunità offerta dal Sikat: sensibilizzare
i nostri ragazzini e renderli un terreno fertile (un humus) in cui spargere
il seme di bene che l'adozione a distanza porta con sé.
Attualmente, le nostre classi di catechismo sono attivamente coinvolte nel progetto.
Alcune iniziative proposte durante l'anno catechistico e l'invito a fare piccoli
sacrifici sono azioni dirette proprio per sostenere una adozione a distanza
di un nostro fratellino che vive a Silang, Cavite.
L'auspicio di tutti è che i nostri bambini siano continuamente educati
a comprendere che la difficoltà (anche per andare a scuola) dei loro
coetanei che vivono in terre povere non è una "cosa lontana"
che non li riguarda, ma è una amara realtà che con piccoli sforzi
possono contribuire a sconfiggere.
SI AUSPICANO
NUOVE ADOZIONI!!!
C'era una volta,
un tetto sporco, brutto e cattivo: solo a guardarlo metteva paura ai bambini
che gli si facevano incontro.
Da troppo tempo nessuno si curava più di lui, per questo si era ridotto
proprio male, ma sopratutto il suo cuore era velenoso, pieno di una sostanza
cattiva il cui nome terrorizzava tutto il quartiere.
Un bel giorno un uomo, tutto vestito di nero, lo guardò dritto negli
occhi e gli disse a muso duro: "Ehi, tu! Qui non puoi stare. Ti farò
portare via presto e non spaventerai più i miei amici.".
Il tetto cattivo fece un sorrisino sgangherato, mosse uno dei suoi panelli cariati
che per poco non volò giù. Sapeva, infatti, che ci volevano tanti
soldi per farlo andar via e da tanto tempo si parlava della necessità
di eliminarlo, ma non si era mai dato inizio ai lavori: tanti i permessi da
chiedere, tante le autorità da interpellare, tante le persone da interessare...
Ma questa volta il destino era segnato per quel pericolo pubblico sopraelevato!
Pian piano, poco alla volta, una dopo l'altra, tutte le autorizzazioni si accumularono
sul tavolo dell'uomo vestito di nero; i soldi necessari furono messi insieme,
grazie all'aiuto di alcune persone che presero a cuore la vicenda e... una fredda
mattina d'inverno, il brutto tetto si trovò rapidamente impacchettato.
Poi uomini tutti vestiti di bianco cominciarono a trattarlo con mani esperte
e in tre giorni ogni parte di quell'orribile copertura fu allontanata per sempre.
Ora, al posto di quell'obbrobrioso sopramuro, fa bella mostra di sé una
candida coltre di moderna lamiera e nessuno dovrà più aver paura
di passare vicino allo storico teatro parrocchiale.
I bambini, le mamme, la compagnia teatrale, attori e spettatori, l'uomo vestito
di nero e tutti gli abitanti del quartiere potranno (almeno per questo aspetto)
vivere per sempre felici e contenti...
Ok, non raccontiamoci più favole! La parte dei lavori più delicata
e - al tempo stesso - più urgente e indispensabile ha avuto buon fine.
Ma non finisce qui! Al più presto si completerà il nuovo tetto,
mentre saranno realizzati gli ambienti adibiti a bagni e quelli per lo stand:
si dovrà terminare questa seconda parte dell'opera in tempo utile per
consentire il normale svolgimento del Palio della Contrade. Anche l'interno
del teatro parrocchiale sarà oggetto dei lavori e, al loro esito, si
realizzerà il progetto che da qualche settimana si offre allo sguardo
di esperti e curiosi nella nostra chiesa.
E' stato messo in opera il 25-30% dei lavori previsti e si conta di completarlo
nei prossimi mesi, mettendo così a frutto il contributo "a fondo
perduto" concesso da "Fondazione Cariplo" grazie al sostegno
di "Fondazione della Comunità Bresciana - Onlus".
Carmine
La riunione del Consiglio Pastorale di martedì 7 febbraio è stata
dedicata quasi interamente alla riflessione sui temi proposti dalle Schede
per la consultazione, predisposte dalla Segreteria del Sinodo per le Unità
Pastorali (disponibili sul sito www.diocesi.brescia.it).
Dopo la preghiera iniziale e la condivisione relativa alle iniziative della
Quaresima (che trovate meglio indicate in altre pagine de La Bussola. n.d.r.),
i presenti hanno messo in comune ciò che lo Spirito dettava loro in relazione
ai temi: "Missione ecclesiale, unità pastorali e territorio",
"Unità Pastorali e segni dei tempi", "Fisionomia delle
Unità Pastorali". E emerso che la prevista istituzione delle
Unità Pastorali è certamente una risposta allesigenza di
cambiamento, sentita nella Chiesa come necessaria nell'ambito di una società
in continua trasformazione.
1. La prima scheda di consultazione propone innanzitutto una riflessione su
come la Chiesa è chiamata ad abitare in modo diverso il territorio".
Gli interventi si sono soffermati sul senso da attribuire a questa parola abitare.
Essa dà il senso dellaccoglienza, del saper ascoltare, condividere,
saper fare comunione, intèssere rapporti, attingere dal territorio in
cui si opera per evangelizzare. La Chiesa è chiamata a farsi prossimo
soprattutto con coloro che non la praticano. La società è
cambiata: molti vivono la Chiesa solo come dispensatrice di sacramenti. La presenza
di tanti stranieri, di religioni diverse è una realtà con cui
bisogna fare i conti.
Cè la necessità di riscoprire la missione della
Chiesa nel territorio. Cè lesigenza che i laici
si sforzino di essere missionari nei luoghi in cui si trovano quotidianamente:
ogni intento evangelizzatore deve partire dalla testimonianza. Ma la testimonianza
può essere feconda solo se scaturisce da un cammino di fede personale
e comunitario: solo così diventiamo testimoni dellamore di Dio
che sperimentiamo.
Oggi alla Chiesa, in sostanza, si chiede di portare nel mondo una fede che si
fa carità.
Le Unità pastorali possono essere uno stimolo a riscoprire questa che
in fondo è la missione dei cristiani fin dalle origini.
2. La seconda scheda di consultazione ha subito suscitato un dubbio: se non
ci fosse stata la mancanza di preti che si riscontra oggi, si sarebbe mai fatta
una seria riflessione sullistituzione delle Unità Pastorali? E
ancora: se i laici avessero vissuto veramente il loro essere re
profeti sacerdoti, in forza del battesimo
?
LUnità Pastorale intende favorire la partecipazione dei laici e
richiede una loro maggiore disponibilità; esige dai sacerdoti una maggiore
comunione tra loro e con tutte le persone che li collaboreranno.
La vita comunitaria e il coordinamento tra parrocchie sono indispensabili in
una Unità Pastorale, ma esigono un cambiamento di prospettiva nelle persone,
prima che una riforma organizzativa.
3. La terza scheda elenca gli elementi essenziali, i compiti e le competenze
dei singoli organi e i criteri di costituzione delle Unità Pastorali
(da noi già pubblicati su La Bussola di Novembre 2011, pagg. 4 e 5 n.d.r.)
Sono state sollevate alcune perplessità. In particolare, è sembrata
eccessiva la previsione di una sovrastruttura quale dovrebbe essere il "Consiglio
dell'unità pastorale", che rischia di gravare di un ulteriore impegno
chi già ha offerto la propria disponibilità e - come spesso accade
nelle nostre parrocchie - svolge numerosi servizi. Si ritiene di dover indicare
nella semplificazione dell'organizzazione delle Unità Pastorali una via
anche per un'azione pastorale più flessibile e vicina alla realtà
in cui si opera.
Prima del congedo, sono stati dati ragguagli circa i lavori negli ambienti dell'Oratorio.
Il Segretario
I Domenica, 26 febbraio
IO STO CON GESU
LETTURE: Genesi 9,8-15; dal Salmo 24 (25); Prima Lettera di San Pietro Ap. 3,18-22;
Vangelo secondo Marco 1,12-15.
Lo Spirito che protegge e conforta Gesù, lo spinge nel deserto. E questo
perché nel deserto un uomo sa quanto vale e quanto valgono i suoi ideali.
Marco non riporta il contenuto delle tentazioni, ma ci ricorda l'essenziale:
che le tentazioni non si evitano, ma si attraversano, perché «sopprimete
le tentazioni e più nessuno si salverà». Senza tentazioni
non c'è salvezza, perché non esiste scelta, scompare la libertà,
è l'uomo stesso che finisce.
Gesù predicava la buona notizia. E diceva: è finita l'attesa;
un mondo nuovo è possibile, il nuovo progetto di Dio è qui, convertitevi.
Noi percepiamo questo verbo come un imperativo, mentre reca un invito, porta
una preghiera. Cambiate strada: non è la richiesta di obbedienza, ma
l'offerta di un'opportunità. Cambia strada - dice Gesù - io ti
indico la via per le sorgenti, di qua il cielo è più vicino e
l'azzurro non è così azzurro da nessun'altra parte, di qua è
la casa della pace, e il volto di Dio è luminoso, e l'uomo un amico.
Convèrtiti, non suona allora come un'ingiunzione, ma come la migliore
delle risorse. Hai davanti a te la vita, ti prego, non perderla. Credi nel vangelo.
Fidati di una buona notizia. Dio è qui e guarisce la vita, Dio è
con te. La buona notizia che Gesù annuncia è l'amore. Credi vale
a dire: fidati dell'amore in tutte le sue forme. Non fidarti di altre cose:
non della forza, non dell'intelligenza, non del denaro. Riparti dall'amore.
E allora facciamo nostre le parole bellissime di S. Giovanni che dice: noi,
gli uomini di Cristo, altro non siamo che coloro che hanno creduto all'amore
II Domenica, 4 marzo
IO SEGUO GESU
LETTURE: Genesi 22,1-2.9a.10-13.15-18; dal Salmo 115 (116); Lettera ai Romani
8,31b-34; Vangelo secondo Marco 9,2-10.
Nella seconda tappa della nostra Quaresima abbandoniamo il deserto per raggiungere
il monte della Trasfigurazione: è qui che contempliamo come la luce della
divinità avvolge Cristo e verso di lui convergono la legge e i profeti.
Culmine di questa teofania è la voce del Padre che orienta lumanità
verso il Figlio: Ascoltatelo! Scegliere una strada impegnativa implica coraggio
e sacrificio. Nella famiglia, nel lavoro, nella professione o in una missione
non si raggiungono obiettivi senza pagare un prezzo in sacrificio e in generosa
dedizione. A breve scadenza, senza sforzo non si ottiene e non si costruisce
molto. Su ogni realizzazione autenticamente umana cè il marchio
della croce. Ma quando il risultato non ripaga lo sforzo si è tentati
di abbandonare il progetto e di lasciarsi prendere dalla sfiducia. Quando Dio
irrompe nella vita di un uomo sconvolge piani, sradica sicurezze, domanda la
rinuncia a progetti e ambizioni personali, chiede incrollabile fiducia nelle
sue proposte. Ma ciò che Egli prospetta supera ampiamente ogni attesa
e previsione umana.
III Domenica, 11 marzo
MAI PIU SETE
LETTURE: Esodo 20,1-17; dal Salmo 18 (19); Prima Lettera ai Corinzi 1,22-25;
Vangelo secondo Giovanni 2,13-25.
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere. Con Gesù
il nuovo tempio di Dio è diventato il corpo umano e Lui ricorre perfino
alla "violenza" pur di farci vedere con quanta determinazione dobbiamo
scacciare mercanti dal nostro tempio. Per esempio: formalismo religioso;
lusinga dellego; competizione estetica, culturale, damore; menzogne;
autogiustificazioni; adorazione di vecchi e nuovi idoli.
Siamo disposti a scacciare i mercanti dal nostro tempio?
IV Domenica, 18 marzo
CON GESU NELLA LUCE
LETTURE: Secondo Libro delle Cronache 36,14-16.19-23; dal Salmo 136 (137); Lettera
agli Efesini 2,4-10;
Vangelo secondo Giovanni 3,14-21.
La tradizione della Chiesa ha denominato la quarta domenica di Quaresima Laetare
(Rallegrati), dalla prima parola latina dellantifona d'ingresso. Rallegriamoci
perché la liturgia odierna annuncia e celebra la fedeltà di Dio
al patto che ha voluto con lumanità. Lamore di Dio è
passione di Dio per noi, è un amore, fedele e accogliente, che chiama
alla conversione a lui, stimola ed esige la nostra fedeltà.
Come procede il nostro cammino di conversione?
V Domenica, 25 marzo
CON GESU PER SEMPRE
LETTURE: Geremia 31,31-34; dal Salmo 50 (51); Lettera agli Ebrei 5,7-9;
Vangelo secondo Giovanni 12,20-33.
Di fronte alla libertà dell'uomo, Gesù resta spiazzato: il grande
progetto di annuncio del Regno portato avanti con passione in tre anni si sta
rivelando un fiasco. Che fare? No, non se l'aspettavano un rabbì così.
Forse si aspettavano un grande profeta o, meglio, un filosofo saggio disposto
a condividere con loro la sua dottrina. Invece trovano un uomo turbato e dubbioso,
che vede in quell'interessamento da parte dei pagani una specie di segnale,
un'intuizione della propria fine. Tutto si sta compiendo, dunque, forse davvero
sta per suonare l'ultima campana. Non è bastato quanto detto, né
i segni, né il volto svelato del Padre. Tutto inutile: l'uomo non sembra
in grado di cambiare, preferisce tenersi un Dio severo e scostante, un Dio da
servire con sfarzose cerimonie e da corrompere con sacrifici. Che fare, ora?
Arrendersi? Lasciar perdere, sparire? Abbandonare l'uomo al suo destino? Una
scelta, l'ultima, assurda, paradossale, esiste: la sconfitta. Forse lasciarsi
andare, forse consegnarsi, forse sparire, forse servirà a far capire
che parlava sul serio. Forse. Come esserne certi? È in gioco la libertà
degli uomini, non quella di Dio. Forse morire, come il chicco di frumento. Gesù
accetta, rischia, si dona. Andrà fino in fondo, anche a costo di essere
uno dei dimenticati della Storia.
La Speranza che è in voi
Signore, nella Prima Lettera di Pietro (3,15)
mi colpiscono queste parole:
«(
) pronti sempre a rispondere
a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi»,
e, se non bastasse, al v. 13
«Perciò dopo aver preparato la vostra mente allazione,
siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia
che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà».
Penso che raramente una generazione abbia sentito il bisogno
di udire queste parole, perché mai come oggi,
Signore, luomo è stato alla ricerca
di una zattera alla quale aggrapparsi
per non venire travolto dai flutti
di questo mare in tempesta.
Tutto si è rotto e frantumato
e, quello che sembrava ben fisso, è alla deriva.
La disperazione attanaglia moltissime persone
e le conduce al suicidio.
Risparmi, sacrifici di una vita intera
si stanno rivelando inutili,
travolti da una crisi che non è solo finanziaria, di istituzioni,
ma anche di valori, di credibilità, di senso.
La Speranza che è in voi
Signore, io, cristiano,
dovrei essere la Speranza del mondo
e portare la Buona Novella.
Non devo annunziare anzitutto
che si deve andare a messa la domenica,
altrimenti si commette peccato mortale.
Oggi è urgente che io porti questo messaggio:
Tu, mio Dio, ci ami, Tu certamente salverai il mondo.
Credere in Te significa credere nella salvezza del mondo.
Il paradosso moderno è
che quelli che credono in Te
non credono nella salvezza del mondo
e quelli che credono nellavvenire del mondo
non credono in Te.
Spesso noi cristiani pensiamo alla fine
del mondo,
aspettiamo la catastrofe finale,
che leggiamo anche nelle Tue Scritture,
e la leggiamo come il castigo per gli altri.
Noi proclamiamo la nostra fede in Te
che ci salverai, ma urliamo il nostro pessimismo
nei confronti del mondo
e ignoriamo il nostro vero Dio:
il Dio che ha tanto amato il mondo.
Amare Te significa amare il mondo;
essere appassionati di Te
significa essere appassionati del mondo;
sperare in Te significa sperare nel mondo.
La Speranza che è in voi
Credo, Signore, che la mia fede non consista
prima di tutto nellintimità della mia anima con Te,
ma in unadesione a Gesù, Salvatore del mondo.
Certe volte mi dico che Tu,
Signore, devi sentirti solo,
perché nessuno, credo,
pensa e spera alla salvezza del mondo
come la pensi Tu.
La Speranza che è in voi
Quale Speranza vi è in me?
Quale Buona Novella porto al mondo?
S. Paolo definiva i pagani:
«Coloro che non hanno speranza».
Dei cristiani diceva:
«Coloro che aspettano la sua venuta».
Che cosa aspetto io, mio Signore?
Dovrei essere la luce del mondo
e la speranza di una umanità disperata.
Vi è crisi della speranza perché siamo,
come sempre, in unepoca di mutamenti sconvolgenti.
La rapidità dellevoluzione delle idee e dei fatti
diventa vertiginosa.
Un adolescente diventa uomo
quando ha scoperto che vale la pena di vivere
e ha scoperto ciò per cui vale la pena di morire.
Perché io mi sento sempre adolescente?
Fa che lumanità intera, progredendo,
si renda conto che Tu vegli sempre
su ognuno e a ognuno ripeti:
«Non temere,
io sarò con te fino alla fine del mondo».
Cesare
(6 gennaio 2012)
a cura di Marek
Gianna Jessen è una donna di 34 anni che racconta al mondo intero la sua straordinaria esperienza. Un’esperienza che ha dell’incredibile: la sua vita è la storia di un miracolo non voluto ma che di fatto è realmente accaduto. Gianna Jessen doveva essere una di quelle bambine mai nate, una vittima dell’aborto: ma le cose sono andate diversamente. La madre naturale di Gianna aveva deciso di abortire al sesto mese di gravidanza. La procedura era quella di indurre il parto di una creatura fatta morire nell’utero materno. Ma accadde il miracolo non voluto: il medico abortista dovette constatare che la creatura era sopravvissuta seppur con gravi lesioni che compromisero anche le funzioni celebrali. “La beffa fu che proprio lui dovette firmare il mio certificato di nascita!” così ricorda Gianna Jessen. La testimonianza raccolta dalla “rete” è visitabile dall’homepage del nostro sito parrocchiale e vale la pena trovare quei 15 minuti per guardare il video (è sottotitolato in italiano), ma per chi è poco avvezzo alla “navigazione web” ecco una testimonianza della Jessen: “...Rimasi all’ospedale per circa tre mesi. Non c’era molta speranza per me all’inizio. Pesavo solo nove etti. Per via di una mancanza di ossigeno durante l’aborto vivo con la paralisi cerebrale. Quando mi fu diagnosticata, tutto quello che potevo fare era stare sdraiata. Dissero alla mia madre adottiva che difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare. Non riuscivo a tirarmi su e mettermi a sedere da sola. Attraverso le preghiere e l’impegno della mia madre adottiva, e poi di tanta altra gente, alla fine ho imparato a sedere, a gattonare e stare in piedi. (Ancora oggi) non è sempre facile. A volte cado, ma ho imparato a cadere con grazia dopo essere caduta per 19 anni. Sono così grata per la mia paralisi cerebrale. Mi permette di dipendere veramente solo da Gesù per ogni cosa. Sono felice di essere viva. Sono quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati ad un bambino nell’utero. Non penso che nessuna persona concepita sia una di quelle cose. Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo. È un tessuto o qualcos’altro quando non è il momento giusto. Un bambino è un bambino quando c’è un aborto spontaneo a due, tre, quattro mesi. Un bambino è chiamato tessuto o massa di cellule quando l’aborto volontario avviene a due, tre, quattro mesi. Perché? Non vedo differenza. Che cosa vedete? Molti chiudono gli occhi… La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia vita. È stata un grande dono. Uccidere non è la risposta a nessuna domanda o situazione. Fatemi vedere come possa essere la risposta. Tutta la vita ha valore. Tutta la vita è un dono del nostro Creatore. Dobbiamo ricevere e conservare i doni che ci sono dati. Dobbiamo onorare il diritto alla vita.”
(tratto da "Cittanuova" n. 2/2012)
«Convertitevi e credete al Vangelo»: questa Parola è una
grande sfida.
Facilmente succede che la prendiamo troppo alla leggera («al Vangelo ci
credo già») o la vediamo troppo pesante («non riesco a convertirmi,
non sono capace di cambiare»).
Ma che cosa significa conversione? Vuol dire cambiare direzione. Cambiare la
direzione del mio sguardo. Cambiare prospettiva riguardo alle cose e agli uomini.
Essi non sono semplicemente così come appaiono: dalla prospettiva del
Vangelo, con gli occhi di Gesù, sono diversi!
Poco prima di Natale Stefan fa un viaggio di 24 ore in treno. Il suo compagno
di cuccetta parla a ruota libera, dal primo momento, ciò che gli fa temere
di avere una notte scomoda. Quellatteggiamento tanto loquace copre, però,
una preoccupazione: non può dormire nel letto di sopra perché
deve uscire varie volte durante la notte. Stefan gli offre di cambiar posto:
lui - quasi incredulo - accetta felice. E la notte è stata per tutti
e due molto buona.
Altra stazione. Quindici minuti dopo la partenza entra una mamma con in braccio
un bambino, in cerca di un posto. Ce n'è uno libero nello scompartimento
vicino, ma una donna sostiene che "è riservato", mentre in
realtà non si fa vivo nessuno. Interviene Stefan per sostenere il diritto
di quella mamma; al che un altro viaggiatore lo guarda irritato: avrebbe preferito
che quel posto fosse lasciato libero. A volte guardare con gli occhi di Gesù
vuol dire non essere amico di tutti, per proteggere i deboli.
Nello scompartimento vicino tre giovani parlano a voce alta, ridono tutto il
tempo. Difficile per chi vuol concentrarsi, pregare un po', lavorare, leggere.
Stefan sta per intervenire di nuovo: ma per chi? Per la sua pace? Vuole cambiare
lo sguardo anche questa volta, non giudicare quei giovani che hanno una sensibilità
diversa dalla sua. E si abitua a loro.
Stazione di cambio. Entra in una piccola sala d'attesa, dove c'è un ragazzo
con l'aspetto poco affidabile, il vestito trasandato e un gran cane. Fuma nonostante
il divieto.
Qualcosa convince Stefan a non protestare. Il ragazzo lo saluta, comincia a
parlargli. Fa fatica a cogliere il filo del suo racconto, ma gli presta tutta
la sua attenzione, mentre da lui escono singhiozzi di una vita di sconfitte
e sofferenze. Piange, parla della fede alla quale cerca di aggrapparsi e, infine,
esce. Non si vedranno più, ma in Stefan rimane la convinzione di un incontro
vero.
Convertirsi. E credere al Vangelo. Sì, abbiamo bisogno ogni giorno di
questa Parola che ci porta a Dio. E Lui ci sorprende con la Sua presenza sempre
diversa. Il viaggio di Stefan è diventato un colloquio con Gesù
e, per niente, stancante.
a cura del GSO Casazza
Il freddo e la neve, arrivati nel mese di febbraio, hanno letteralmente congelato
i campionati CSI di calcio in tutte le categorie.
Il campo del nostro oratorio si è rapidamente trasformato in pista per
sci di fondo e poco cè mancato che qualche pinguino non chiedesse
ospitalità al nostro Gruppo Sportivo...!
In simili condizioni sono ovviamente "saltati" gli allenamenti delle
nostre rappresentative giovanili calcistiche e le rispettive partite hanno subito
spostamenti e rinvii a tempi migliori.
Solo a partire dal 14 febbraio i più intrepidi atleti under 10, under
14 e juniores hanno sfidato il terreno innevato per dar vita a insolite, divertenti
sfide
on ice!
Ma se gli sport allaria aperta sono rimasti al palo, quelli che si disputano
al calduccio di una palestra o di un salone hanno vissuto elettrizzanti momenti
agonistici, che hanno fruttato al nostro GSO numerosi riconoscimenti.
Minivolley, calcio under 8 e under 10 hanno sostenuto la prova della Festa Polisportiva
dedicata alla pallamano: ai ragazzi/e partecipanti (e alle loro famiglie) va
il nostro plauso per limpegno dimostrato!!
Ma, in particolare, il tennistavolo, che non conosce ostacoli meteorologici,
ha visto la partecipazione dei nostri atleti alle prove regionali, provinciali
del torneo individuale e della squadra nel torneo promozione CSI.
Come sempre bisogna tributare il giusto riconoscimento alla premiati ditta Gatti
Flavio & figli che con pazienza e competenza curano e consentono lo
svolgimento degli allenamenti del giovedì pomeriggio, frequentati per
la maggior parte da ragazzini/e di età compresa tra i 7 e i 12 anni.
Nella categoria ragazzi (tra gli 8 e i 10 anni) si stanno facendo valere anche
a livello regionale i nostri piccoli atleti (in particolare Stefano, Simone
e Nicolò) che in più occasioni hanno occupato gli scalini del
podio (talvolta anche il più alto) dei vari tornei.
Come sempre, però, pur essendo contenti per le piccole gioie che lo sport
regala ai nostri ragazzi, ci preme sottolineare quanto sia sano e formativo
il contagiare la passione per il ping-pong tra i nostri giovanotti. Credo che
tutto ciò che permette loro di confrontarsi (con gli altri e con i propri
limiti), di fare attività fisica (anche quando linverno si fa gelido)
e di tenerli lontano da poltrone e videogiochi sia da coltivare e incoraggiare
in ogni modo. Sono sempre di più le bambine che impugnano una paletta
e si esercitano nel ping-pong: ci auguriamo che questa passione cresca in loro
e presto competano al livello dei loro compagni maschi con lo stesso spirito
e lo stesso entusiasmo.
GSO CASAZZA